Il 10 marzo 2020 ho perso una persona cara.
….
Il 10 marzo, primo giorno di lockdown nazionale, con il divieto di celebrare funerali e spostarsi in un’altra regione per stringersi tra lacrime e abbracci, la mia famiglia ha perso una persona cara.

In questi giorni così difficili e spaesanti, anche vivere il lutto si è trasformato in qualcosa di stra-ordinario e surreale. 
Ogni perdita è un’esperienza soggettiva e personale. Un dolore intimo e devastante davanti al quale non si è mai davvero pronti. A questo tipo di perdita l’uomo, animale sociale, è abituato a rispondere con il primitivo bisogno di contatto, fisicità, relazione. E proprio come gli animali, in caso di pericolo o necessità, siamo portati a unirci fisicamente, a ricercare sicurezza nel branco.
A fare gruppo.
Il contatto fisico riduce il dolore del corpo e allevia la pressione emotiva. E’ per questo che abbracciamo i bambini quando si fanno male: l’istinto ci porta a usare il contatto fisico per diminuire la sofferenza. Come se l’amore “da toccare”, l’affetto “da abbracciare” fossero dei potenti anestetici. E lo sappiamo bene, per tutte quelle volte che abbiamo cercato anche noi quell’abbraccio in più anche senza essere bambini, anche senza essere caduti.
Ironia della sorte, in piena emergenza Coronavirus (la quarta pandemia influenzale dal ventesimo secolo ad oggi), il contatto fisico non è più balsamo consolatorio ma diventa tutto d’un tratto la principale pericolosissima componente di contagio. Un’arma. Il contatto diventa un’arma. Noi siamo pericolosi per gli altri e per noi stessi. Il nostro esserci, il nostro toccarci d’improvviso diventa pericoloso. Abbracciarci, starci vicino non sono più fattori di accoglienza e cura. Lì dove l’unione si fa sempre più pericolosa, l’isolamento sociale diventa incredibilmente l’unica salvezza.
..
Per salvarci dobbiamo rimanere soli, dobbiamo isolarci.
Il surrealismo di questi giorni sta proprio qui. Fuori c’è caos e silenzio. Dentro, nelle nostre case, sarà la solitudine a salvarci. Il nostro stare soli. Divisi, lontani. Ognuno a fare i conti con le proprie paure e insicurezze. Noi e il nostro tempo improvvisamente libero che ora ci affanniamo a riempire, bulimici di horror vacui.
La quarantena ci ha portato lontano dai nostri affetti, barricandoci dietro muri di ansia e confusione. Una nuova dimensione, fatta di città dalle sembianze spettrali e da uno scorrere del tempo tutto nuovo, a cui non ci resta che arrenderci. Rassegnati e speranzosi.
….
Bisogna mantenere le distanze.
….
Sempre. A qualunque costo. Anche nel momento in cui è il momento di vivere un lutto. Come è successo a me, ad esempio. A questo giro, però, niente abbracci né strette nelle spalle dei propri cari. Ci sono solo io e la mia quarantena che sto facendo da giorni sola in casa. E il contatto fisico, sì, mi è mancato ed è la cosa che più mi ha fatto uscire fuori di testa. Ho pianto, ho pianto molto. E tutto quello che avrei voluto sarebbe stato semplicemente abbracciare e farmi abbracciare.
Il pensiero però, non può stare a un metro di distanza da nessuno. Gli affetti e gli amici più cari mi hanno stritolato in un mare di amore con il quale ho avuto la forza di riempire queste lunghe lunghissime giornate. E le sto riempiendo ancora. (Ancora) senza suonare né ascoltare dischi. Ma tra qualche giorno andrà meglio e sono sicura arriverà anche quel momento.

E per una Vita che se ne va, mi piace pensare a un’altra che forse verrà al mondo.

L’ultima volta che ho messo piede in un luogo pubblico, ero al centro commerciale e nel bagno delle signore ho visto abbandonata a terra la scatola vuota di un test di gravidanza. Chissà se la ragazza prima di me ha pianto o sorriso davanti al responso di quel test. O magari pianto di gioia. Chissà con quale stato d’animo è entrata in quel metro quadro di piastrelle e fatto pipì su quello stick. E chissà se avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo nei giorni a seguire. Magari anche lei, come me, sta vivendo questi giorni in quarantena lontano dalle persone che le vogliono bene.

Ecco, certe cose ci uniscono inevitabilmente e senza differenze. Il pianto, la paura, la gioia, il lutto. E’ vero, la lontananza salverà il mondo. Ma solo questa volta.

Sì, torneremo ad abbracciarci più forti di prima.
Però no, ho deciso che non mangerò mai più i tortelli al ragù.….
::::::::

[La mia amica Francesca è un’artista. E una grande amica. E un’artista. E una amica. Mi ha regalato questa splendida illustrazione. Non importa quanto possiamo frammentarci, i pezzetti di cuore torneranno sempre al loro posto, prima o poi].
—-—-

_________

Comunicazione è prima di tutto condivisione
Con-dividere.Prendere qualcosa, un tutto, un intero e non limitarsi a fruirne in solitaria bensì spartirlo, dividerlo con l’altro.
Credo nella comunicazione, nella condivisione. Nell’arte e nello scambio. Nell’incontro e nel confronto. Nell’ispirazione e nell’estensione delle idee. Nell’arricchimento continuo. Credo nella scrittura, nella musica e nelle parole.
Se questo post ti ha emozionato, disturbato o ispirato mi piacerebbe che tu lo condividessi con me.
Scrivimi, contattami, condividi.

LASCIA UNA RISPOSTA

Per favore lascia un commento
Per favore inserisci qui il tuo nome