Dare una definizione alla comunicazione è un po’ come voler spiegare cosa sia l’arte. O l’amore, la musica, la fame. Certe cose non si spiegano, si fanno e basta. Certo, poi c’è il come ed è lì che inizia tutta la storia.
Comunicare significa letteralmente “mettere in comune“ ed è questa la cosa che mi ha sempre affascinato. Comunicazione che è prima di tutto condivisione. Con-dividere: prendere qualcosa, un tutto, un intero e non limitarsi a fruirne in solitaria bensì spartirlo, dividerlo con l’altro. Idee, stati d’animo, sentimenti, informazioni.
Un gioco da fare per forza a due: un aeroplanino di carta che vola necessariamente da un soggetto che “manda” e atterra punzecchiando uno che “riceve”. Altrimenti è puro ristagno. Una voce contro il muro che rimbalza e torna al mittente.
E ci vuole tanto coraggio in quella condivisione! Proprio come nella creatività. Gli America cantavano che “nel deserto puoi ricordare il tuo nome perché non c’è nessuno che ti causi dolore”. Io credo invece che un uomo, da solo nel deserto, finisce col non ricordare più il suo nome perché non c’è nessuno che continui a chiamarlo. La stessa cosa vale per il musicista che suona in solitaria, lo scrittore che chiude a chiave i fogli in un cassetto. Il cuoco che non fa assaggiare. Così quell’aeroplanino, se viene lanciato senza meta, senza un bersaglio umano, cade a terra in picchiata perdendo quota e significato. E questo spreco, signori, non può avere giustificazioni.
Credo immensamente nella comunicazione e nella condivisione. Nell’arte e nello scambio. Nell’incontro e nel confronto. Nell’ispirazione e nell’estensione delle idee. Nell’arricchimento continuo. Credo nella scrittura, nella musica e nelle parole.
Un atto di coraggio che ognuno di noi deve, se non agli altri, almeno a se stesso.